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Autobiografia



Mi chiamo Franco Antonio Mizzi, sono nato settimino nel 1954 nell'ospedale di Piacenza (foto).
Piacenza si trova in Emilia-Romagna, ora invece risiedo a Paderno Dugnano, in provincia di Milano.
Sono il quinto figlio di Alice e Giulio, ma i miei quattro fratelli sono morti.
All'età di nove mesi sono stato colpito da meningite che mi ha causato una paresi che ha avuto su di me conseguenze devastanti (foto).
Per questo motivo sono venuto a Milano, per farmi curare nel luogo dove i miei genitori già abitavano da anni.
Nel 1956 sono stato ricoverato per la riabilitazione (foto),(foto) all'istituto neurologico Carlo Besta di Vaprio d'Adda, in provincia di Milano, dove sono stato undici anni e dove, oltre che sottopormi alla riabilitazione ho frequentato l'asilo e le scuole elementari, fino alla terza classe.
Lì ho conosciuto suor Caterina che dirigeva tutto il personale e noi bambini, e per la prima volta ho sentito parlare di Dio e della sua paternità.
Un giorno sono arrivati dei frati che ci hanno fatto capire che Dio, per non lasciarci soli, ci ha dato la sua mamma Miryam e ci ha messo accanto un angelo che ci protegge per tutta la vita.
Fin da piccolo ho subito diversi interventi chirurgici più di 30 fino ad ora (foto).
Nel 1964 muore per un tumore la mia mamma (foto) e così rimango solo con il mio papà (foto).
Nel 1967 sono stato dimesso dall'istituto neurologico con la diagnosi: "affetto da tetraparesi spastica" alla quale aggiungono quella di "ritardato mentale irrecuperabile", pertanto vengo ricoverato all'istituto Don Gnocchi di Torino per essere avviato a una scuola professionale.
Ma siccome era l'11 febbraio e i corsi erano troppo avanti, mi rimisero in una terza elementare.
Qui ho incontrato il maestro Carlo De Ponti che non ha mai creduto al mio ritardo mentale irrecuperabile e che, dandomi fiducia, mi ha fatto frequentare la scuola normale, così ho finito la terza elementare.
Nell'ottobre dello stesso anno Don Piero Gemelli mi volle a Roma dove era direttore, perciò fui trasferito a Roma nel collegio Don Gnocchi. Qui conclusi il ciclo delle elementari e frequentai la prima e la seconda media.
Per la terza media, nel 1971 tornai a Milano dove, sempre nel collegio della fondazione Don Gnocchi finii la scuola media e feci i primi tre anni delle scuole superiori.
Terminai poi gli ultimi due anni in una scuola pubblica di Milano, l'istituto commerciale Pietro Verri, dove conseguii con successo il diploma di ragioniere.
Prima di uscire dal Don Gnocchi mi rifecero i test psicologici e risultò che avevo un'intelligenza superiore alla media e non capivano come i loro colleghi avessero potuto sbagliare la diagnosi.
Finite le scuole superiori e uscito dal Don Gnocchi mi iscrissi all'Università Cattolica e cercai un lavoro, ma nessuno era disposto a farmi lavorare perché ero disabile, così mi iscrissi al collocamento obbligatorio.
Dopo qualche tempo fui mandato presso una ditta che però si rifiutò di assumermi.
Fui così costretto a ricorrere alle vie legali e di fronte all’ingiunzione del pretore del lavoro la ditta accettò di assumermi, non prima però di aver tentato di offrirmi cinque milioni affinché rinunciassi al posto di lavoro.
Rifiutai l'offerta e suo malgrado la ditta mi assunse.
Ero felice perché avevo vinto la mia battaglia, e sapevo quello che mi aspettava perché me l’aveva detto anche il pretore del lavoro: fui messo in un sottoscala da solo con una scrivania e la maggior parte delle ore lavorative non mi facevano fare niente.
I primi tempi c’era con me Maurizio, dipendente di quella ditta e sindacalista, era stato lui ad aiutarmi a condurre la mia battaglia per l’assunzione.
Un giorno mi chiese: "Sei cristiano?": Io risposi: "Sì, certo che lo sono". "Allora devi perdonare". E io: "Non ce la faccio, non vedi come mi trattano?", ma lui ribadì, “se sei veramente cristiano devi perdonare".
Ben presto Maurizio dovette andarsene perché era stato trasferito in un altro ufficio, e io rimasi completamente solo in quel sottoscala.
Mi comperai un crocefisso e lo appesi al muro: mi faceva compagnia nei momenti di sconforto, guardando Lui sulla croce trovavo la forza di andare avanti.
Un brutto giorno, mentre mi trovavo sul luogo di lavoro, ebbi un grave infortunio.
Rischiai di morire, ma fui soccorso in tempo.
Gridai affinché mi sentissero, e mentre gridavo e speravo che mi soccorressero, perdonai i miei datori di lavoro.
Nel 1982 mio padre si ammalò di un tumore al fegato e in breve tempo morì.
Rimasi solo al mondo e a un certo punto mi venne in mente la parabola dei gigli di campo e pensai: se non è una favola, io ci credo.
Da quel momento mi sono fidato ed affidato a Dio Padre, e così è da ventisette anni.
Nonostante io viva da solo, so che Lui è qui con me, assieme a sua madre, che è anche la mia, e insieme al mio angelo custode.
Siamo ormai nel 2007, e la mia “avventura” continua... e ogni volta che recito il Padre Nostro percepisco la Sua paternità e la Sua maternità insieme.
È da questo sentimento che è nato il titolo di questo sito “A mio padre”, perché, ricordatevi sempre che Dio vi è PADRE, e vi AMA.